Il Disturbo da Deficit dell′Attenzione e Iperattività un tempo si credeva fosse tipico esclusivamente dell′età infantile, ma da oltre una ventina d′anni ci si é invece resi conto che, se é vero che spesso si manifesta dalla prima infanzia, tende a persistere nel corso della vita adulta e spesso associandosi con altri disturbi psichici e relazionali.
Perciò l′individuazione del quadro clinico è assai complesso sia sul piano diagnostico, che terapeutico, soprattutto negli adulti.
I sintomi principali sono già evidenti nella sua denominazione. Si tratta di pazienti che faticano a mantenere l′attenzione su un compito e la cui mente tende a vagare con estrema facilità, cioè a distrarsi (si chiama mind wandering: mente vagante).
Questo implica spesso problemi di apprendimento con frequenti dimenticanze e accompagnati da scarso rendimento scolastico/lavorativo. Si potrebbe avere l′impressione che vi siano problemi di un patrimonio intellettivo insufficiente mentre non é così e, anzi, non é infrequente che il Quoziente Intellettivo sia anche superiore alla norma.
Si associa spesso (ma non sempre, soprattutto negli adulti) una tendenza all′iperattività e alla conseguente difficoltà, per un bambino, a stare seduto nel banco o al volersi cimentare con più attività differenti e contemporanee come se, troppo rapidamente, sopravvenisse noia per qualunque cosa.
Si potrebbe pensare ad un bambino poco incline al rispetto delle regole, disubbidiente, cosa che, nella vita adulta, può assumere anche aspetti antisociali con uso di sostanze e difficoltà rispettare le norme (del codice stradale o del codice in senso generale). A questo si associa una discreta difficoltà al controllo degli impulsi con comportamenti talora aggressivi e conseguente tendenza ad essere socialmente isolati o ad avere difficoltà a stabilire relazioni solide sia affettive, che amicali, che di collaborazione lavorativa. Infatti il disturbo determina difficoltà nel prender la parola solo quando l′interlocutore abbia terminato, ad attendere il proprio turno, a parlare con un tono di voce spesso alto e, complessivamente, rischiando di risultare molesto e poco attento all′altro.
É disturbo del neurosviluppo, molto probabilmente su base ereditaria in linea paterna -e quindi genetica- che interessa alcuni nuclei grigi centrali nel cervello e le loro connessioni con determinate, specifiche aree della corteccia cerebrale anteriore -in particolare dell′emisfero di destra- che, in questa sede, non ha utilità citare essendo lo scopo di questo breve testo solo quello di fornire informazioni basilari e comprensibili a tutti, si spera, sul tema ADHD.
É un disturbo molto comune che riguarda dal 2 al 5% della popolazione generale e che spesso é associato ad ansia, depressione, disturbi del sonno, uso di stupefacenti, disturbo bipolare, disturbo del controllo degli impulsi e disturbi di personalità: questa frequente concomitanza di disturbi con sintomi che sono sovrapponibili o molto somiglianti a quelli dell′ADHD, e proprio ciò che ne rende difficile la diagnosi.
L′ iperattività motoria presente nei bambini, di solito in età adulta è sostituita da un senso soggettivo d′irrequietezza o difficoltà a rilassarsi. I problemi di concentrazione negli adulti si manifestano come mancanza di attenzione ai dettagli, ad esempio, la persona può lamentare difficoltà a ricordarsi gli appuntamenti o a perdere spesso il filo della conversazione. I sintomi di disattenzione hanno una persistenza molto maggiore di quanto non avvenga per i sintomi di impulsività e iperattività.
Si ritrova frequentemente anche una difficoltà a pianificare e programmare il comportamento. Perciò chi ne è affetto può spesso apparire lento, apatico, incline al procrastinare, cioé al rimandare quanto dovrebbe esser fatto entro un dato limite temporale (per cui il tempo non basta mai e son spesso in ritardo).
Si determina così quella che, sul piano clinico, è una sindrome dovuta ad un possibile deficit del sistema esecutivo centrale e che porta questi pazienti ad essere disorganizzati: si perdono, sono disattenti e tendono a dimenticare quello che devono fare, con difficoltà anche di orientamento spaziale.
Come é già detto la diagnosi negli adulti é complessa e anche la terapia implica considerevoli problemi. I pazienti che presentano alterazioni gravi di questi comportamenti sono circa il 2 % e, in questi casi, l′intervento farmacologico non é solo utile, ma necessario. Gli psicostimolanti sono considerati a tutt′oggi la terapia più efficace per pazienti con ADHD.
Si tratta di farmaci che agiscono modulando la quantità di dopamina e di noradrenalina (che sono due neurotrasmettitori) disponibile per le interazioni con le cellule bersaglio. Il metilfenidato (Ritalin) e l′atomoxetina (Strattera) sono tra gli psicostimolanti maggiormente utilizzati per questo disturbo.
Gli effetti collaterali di questa classe di farmaci sono in genere modesti e i più comuni sono la diminuzione di appetito, l′insonnia e mal di stomaco. Va però precisato che l′atomoxetina, al momento (set 2023), é stata tolta dal commercio e il metilfenidato, per i rischi di abuso, é prescrivibile solo da strutture pubbliche qualificate, con piano terapeutico e comunicazione all′ATS della prescrizione. Tuttavia sono possibili ulteriori opzioni farmacologiche utilizzando buproprione, sertralina, aripiprazolo e valproato di sodio.
Infine occorre anche dire che l′efficacia del trattamento farmacologico é ulteriormente amplificata dalla possibilità di eseguire terapie ad orientamento cognitivo-comportamentale.